Circa 17 mila reperti
archeologici recuperati. Così ha spiegato il Procuratore Mazzotta, riguardo le indagini iniziate nel 2009 che hanno riguardato operazioni effettuate tra
settembre 2008 ed il 2 ottobre 2009. I dettagli dell’operazione sono stati
illustrati dallo stesso procuratore, dal Capitano dei Carabinieri del Nucleo
Tutela Patrimonio Culturale Raffaele Giovinazzo, dal Capitano del Comando di
Crotone Mancini, e dalla soprintendente archeologica Simonetta Bonomi. Tre le
persone indagate in questa inchiesta. Si tratta di Gualtieri Raffaele del 1963
e Gualtieri Salvatore Luigi del 1988, padre e figlio, residenti a Isola Capo Rizzuto e Arcuri Mario del 1980 residente
a Crotone, ai quali gli è stata imputata l’accusa di ricettazione. Il registro
degli indagati, però, vede altre settanta persone coinvolte nella compravendita dei reperti. In
base a quanto accertato dai carabinieri, i tre indagati avrebbero sottratto i
reperti archeologici e successivamente li avrebbero venduti on-line attraverso
la piattaforma E-bay. I reperti sarebbero stati così ceduti attraverso delle
aste telematiche, che gli investigatori sono riusciti, grazie alla
collaborazione di E- bay a ricostruire. La compravendita, che avveniva in tutta
Italia, si presentava con la dicitura “ da pulire”, particolare che, secondo
quanto spiegato dal Capitano Giovinazzo, non sarebbe altro che la ulteriore
conferma della provenienza illecita degli oggetti. Nei reperti vi erano anelli,
fibule, vasi, monili in ceramica, bottoni, e 15 mila monete. I carabinieri nel
corso delle numerose perquisizioni effettuate hanno rinvenuto oltre ai reperti
archeologici anche dieci metal detector. Alle indagini hanno collaborato anche
i tecnici dell’Università della Calabria, del Dipartimento Scienze della Terra,
che hanno coadiuvato i militari nell’analisi del terriccio presenti sui metal
detector. Le analisi hanno consentito di verificare che gli stessi erano stati
utilizzati nel territorio crotonese. Attualmente i reperti sono dislocati nelle
diverse sedi territorialmente competenti, in quanto i beni archeologici sono
partiti dalla Calabria e sono approdati in quasi tutte le regioni. Le
diverse procure dovranno ora appurare le responsabilità degli acquirenti e solo
successivamente i beni potranno fare ritorno, si spera, nei territori di
origine. I beni rinvenuti non sono solo del crotonese, tra i beni rintracciati
dai carabinieri sono presenti reperti pugliesi e anche veneti, il che fa
presumere un collegamento tra i “tombaroli”, l’esistenza di una rete di
approvvigionamento e vendita di reperti storico-archeologici. Non è da
escludere inoltre la partecipazione al business dei beni archeologici della
criminalità organizzata, tesi avvalorata dalla mole di reperti e dagli ingenti
proventi. L’operazione ha evidenziato la carenza di sorveglianza dei siti di
interesse archeologico, carenza, che ha dichiarato il Capitano Giovinazzo, non
è più accettabile, da oggi, ha spiegato il Capitano, il sito di Capo Colonna, emblema del patrimonio
storico calabrese, sarà presidiato e tutelato.
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